Il punto più alto è 157 metri sul livello del mare.
Per alcuni “Cuggiono” deriverebbe dai vocaboli celtici “cus”, “cos” che significano bosco, macchia. Per altri potrebbe derivare da “cozzo”, nell’accezione geografica di rilievo, piccolo rialzo del terreno in una zona eminentemente pianeggiante. (1)
E’ probabile che in un periodo di intense piogge, come lo fu quello tra i secoli IX-VIII a.C., dei nomadi di ceppo ligure o celtico abbiano trovato qui un luogo di sosta sicuro che, nella successiva fase di transizione dal nomadismo alla sedentarietà divenne un villaggio di pastori e agricoltori.
Le sponde del Ticino furono comunque abitate fin da epoche remotissime, ma nel territorio di Cuggiono non sono finora venute alla luce testimonianze di insediamenti di epoca preistorica. Il reperto rinvenuto in una tomba protogolasecchiana databile XII-X secolo a.C. scoperta anni fa in una cava di sabbia presso la cascina Gallizia. Altri reperti appartenenti alla cultura di Golasecca sono stati ritrovati, intorno alla met?el sec. XX, ai margini della valle del Ticino. Ad esempio in localit?rocetta ?enuta alla luce una necropoli della prima met?el V secolo a.C. con tombe a cremazione contenenti oggetti in terracotta e metallici. Di epoca celto-gallica erano invece delle tombe isolate rinvenute quasi tutte nelle cave situate sul ciglio della valle del Ticino. Potrebbero essere state sepolture di nomadi, oppure di mercanti che stavano percorrendo l’importante pista che da Pavia, costeggiando il fiume, raggiungeva i passi alpini e l’Europa centro-settentrionale.
Parte del materiale trovato è fiinito al Museo Civico “G. Sutermeister” di Legnano e alle Civiche Raccolte Archeologiche del Castello Sforzesco di Milano, ma molti oggetti sono andati purtroppo dispersi.
Nulla ?tato finora rinvenuto del periodo romano, ma questo non significa che una “villa Cucioni o Cuzoni” non sia esistita. Quasi certamente il successivo insediamento longobardo, di cui si ha notizia, non era altro che l’antico villaggio abitato da genti latinizzate che poi convissero coi nuovi venuti.
Il 16 febbraio 875 Rachiberga, figlia del fu Dragigulfo e vedova di Vualperto da Cologno, “honesta foemina de lege langobarda” col consenso del figlio Andrea vendette a Pietro, abate del monastero di Sant’Ambrogio in Milano, un appezzamento di terra posto nelle vicinanze di Cuzono, suo villaggio nativo. (2)
Da un atto notarile dell’agosto 988, rogato per una permuta di terre, si apprende che nel secolo precedente il “vicus Cuzoni” fu fortificato per difenderlo dalle incursioni degli Ungari. Uno degli appezzamenti permutati era “ubi fuit castrum”, il castello: in realtà un semplice terrapieno rafforzato con pali che cingeva l’abitato a levante, mezzogiorno e ponente dove esistevano delle strade. A settentrione la difesa era invece assicurata da un fossato e non vi era nessuna strada. La superfice dell’ appezzamento era di 18 pertiche. (3)
Accanto al castello, almeno dall’VIII-IX secolo, era stata costruita una cappella funeraria, dedicata a San Giorgio, appartenente alla pieve di Dairago.
Un altro degli appezzamenti permutati si trovava presso il “castaleto” situato sul ciglio della valle del Ticino, vicino alla cappella dei Santi Giacomo e Filippo. (4)
Nella ripartizione franca del regno italico la pieve di Dairago fu assegnata al comitato di Burgaria. Nell’agosto 1149 Giovanni d’Arsago, abate di Sant’Ambrogio, concedette l’investitura feudale delle rive, ghiare e boschi situati presso il Ticino nei territori di Bernate e Cuggiono ai cittadini milanesi Domenico, Pietro, Pastore e Gualla Crivelli, figli di un altro Gualla. Con una politica di accorte acquisizioni i Crivelli finiranno col diventare i maggiori proprietari terrieri della zona, pur non raggiungendo lo status di “dominatores loci” almeno per quanto riguarda Cuggiono.Un figlio di Gualla junior, Uberto, sarà eletto Papa col nome di Urbano III (1185-1187).
Per meglio controllare i Comuni lombardi, soprattutto Milano, il 9 giugno 1164 Federico I Barbarossa conceder?n feudo la pieve di Dairago a Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia e cancelliere dell’impero, principale artefice della sua politica italiana.
Il 4 febbraio 1239 “in loco Cugiono, sub platea magna” Pietro da Varese dichiar ricevere da Lanterio da Lissone, che agiva per conto del Comune di Milano, i 36 soldi dovutigli per i lavori eseguiti per rendere navigabile il Ticinum novum (Naviglio Grande).
Quasi certamente nella prima met?el sec. XIII anche a Cuggiono, come a molti altri centri, fu riconosciuto dal Comune di Milano lo status giuridico di Comune rurale rimasto inalterato anche nel periodo delle signorie dei Visconti e degli Sforza. Nel 1490 il duca Gian Galeazzo Sforza per salvaguardare i cuggionesi dal pericolo di vedersi sottrarre terre dai ricchi abitanti della città promulggare un’ordinanza con cui si vietava l’acquisto di beni a chi da almeno 10 anni non risiedeva in paese. (5)
In seguito alla reinfeudazione operata dagli Spagnoli la pieve di Dairago, e quindi anche Cuggiono, fu dapprima venduta ai Dalla Croce, poi, il 2 ottobre 1538, ai Maggi, infine , nel 1570, agli Arconati che la tennero fino al 1651 quando, al termine di una lunga controversia con la Regia Camera, il feudo fu loro confiscato.
Il 2 febbraio 1652 le terre rimaste libere furono rimesse in vendita. Pi due terzi dei 307 capifamiglia cuggionese scelsero “la redenzione”, cio?i dipendere direttamente dal re Filippo IV di Spagna. Il 15 giugno 1652 la richiesta fu ufficialmente accolta.
Ma soprattutto per i disaccordi derivanti dai costi di gestione della redenzione nel 1668 ben 89 capifamiglia, residenti prevalentemente nella zona est del paese, si separarono dando vita al Comune Minore. Quattro anni dopo 55 degli 89 capifamiglia chiesero di essere infeudati ai Piantanida, seguiti ben presto dagli altri. Nel 1674 anche i capifamiglia del Comune Maggiore chiesero di essere infeudati ai Clerici.
I Piantanida tennero il feudo fino al 1796, sebbene negli ultimi decenni il titolo fosse puramente nominale. Abitavano nel palazzo, ora sede Cariplo e in quello, ora di proprietàcomunale, conosciuto come Kuster-Patellani.
I Clerici invece lo tennero fino al 1768 quando si estinse la discendenza maschile diretta. Abitavano normalmente a Milano e quando venivano nel loro feudo risiedevano nella scenografica villa di Castelletto contenente dipinti di allievi di G.B.Tiepolo.
Negli anni della Cisalpina e del successivo regno napoleonico non si ebbero fatti significativi. La compagine amministrativa del paese, pur subendo qualche ritocco, rimase sostanzialmente nelle mani di quella piccola borghesia che già si era affermata a scapito dei feudatari nella seconda metà del Settecento. Oltre alla requisizione delle argenterie della basilica non risultano imposizioni maggiori di quelle di altre località del Milanese. Il ritorno degli austriaci fu salutato comunque con gioia. La sera del 28 aprile 1799 fu abbattuto dal popolo festante l’albero della libertà eretto in piazza, ma i pochi “giacobini” cuggionesi non pare abbiano avuto noie.
Per la durezza del regime instaurato dagli austriaci la riconquista francese dell’anno dopo fu salutata con gioia ancora maggiore.
In questi periodo fu iniziata dal conte Alessandro Annoni la costruzione dell’omonima villa progettata dall’architetto Giuseppe Zanoja e contenente dipinti del Lavelli. Terminata nel 1809 accolse tra le sue mura personaggi di primo piano del Regno napoleonico d’Italia quali il Melzi e l’abate Bovara. Nel 1848-49 fu occupata dai militari austriaci e il maresciallo Radetzky vi venne almeno una volta. (7)
Nella suddivisione amministrativa del regno Lombardo-Veneto Cuggiono fu scelta come capoluogo del distretto XIV della provincia di Milano. Nel corso della sfortunata insurrezione del 6 febbraio 1853 furono arrestati a Milano, e poi impiccati, i fratelli cuggionesi Luigi e Camillo Piazza accusati di aver partecipato alla rivolta.
Dopo il 1859 (alcuni scontri avvennero nel nostro territorio nel corso della battaglia di Magenta) Cuggiono divenne, fino al 1926, capoluogo di mandamento.
Nella seconda metà dell’Ottocento il 95% delle famiglie di Cuggiono e Castelletto erano contadine. Vivevano coltivando medio-piccoli appezzamenti, spesso in regime d’affittanza. Per il consistente aumento della popolazione e per migliorare le condizioni di vita inizi movimento migratorio dapprima stagionale, verso i Paesi europei, poi definitivo verso le Americhe, anche se in paese avevano iniziato l’attività alcune filande che assicuravano il lavoro quasi solo a manodopera femminile. Dopo gli anni Venti del Novecento le emigrazioni praticamente cessarono. Sorsero piccole industrie (tessili, meccaniche, calzaturiere) ed inizi accentuato pendolarismo verso Milano e alcuni centri della zona.
Pesante fu il contributo in vite umane che Cuggiono pagò alle guerre del XX secolo. Tre partigiani: Carlo Berra, Giovanni Rossetti e Giovanni Gualdoni sacrificarono per la libertà le giovani vite.
Nel referedum istituzionale del 2 giugno 1946 la monarchia ottenne 1206 voti, la repubblica 1782 voti. Le schede bianche furono 155.
Nel 1606 inizi costruzione della nuova parrocchiale progettata da Francesco Richini.(6) Fu aperta al culto nel 1633 e consacrata nel 1753. Contiene opere di Carlo Francesco Nuvolone, Carlo Garavaglia, Pietro Gilardi, Lodovico Pollack, Luigi Morgari, Gian Cristoforo Storer (attribuzione), degli intelvesi fratelli Pozzi. La facciata, completata nel 1846, è di Giovan Battista Bossi.
Innestandosi sulla tradizione caritativo-assistenziale della Scuola dell’Assunta, istituita nel 1537, ma con radici piiche, Benedetto Gualdoni fond Luogo pio che inizi prestazioni il 1 febbraio 1792 fornendo cure mediche, medicinali e vitto gratuiti agli ammalati poveri. Nel 1825 in seguito ad un cospicuo lascito di Geltrude Beolchi, tra cui il palazzo di famiglia, divenne ospedale. Nel 1929 l’ospedale si trasferì nella sede attuale, ampliata pilte e il vecchio ospadale fu acquistato, nel 1949, dall’Istituto Mater Orphanorum fondato a Castelletto nel 1945.
Lo storico
Gianni Visconti
NOTE
1) – Dizionario di toponomastica, Torino, 1990 – D. Olivieri, Dizionario di toponomastica
lombarda, Milano, 1961.
2) – Codex Diplomaticus Langobardie, Carte del Monastero di Sant’Ambrogio.
3) – Codex Diplomaticus Langobardie, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1929. La pertica milanese è pari a 654 mq.
L’appezzamento in oggetto è quello compreso tra le vie Cavour, a levante, piazza San
Giorgio a meridione, via San Rocco a ponente. Il singolare andamento semicircolare richiama
una fortificazione. Le strade che lo circondano su tre lati richiamano anch’esse la descrizione
dell’antico notaio. A settentrione, dove non c’erano, il confine è incerto. Il fossato potrebbe
collocarsi dove vi era via Piantanida, prolungata idealmente fino a San Rocco. Benchè nell’incertezza, quest’area di poco superiore alle 18 pertiche di cui parla il notaio.
I nostri paesi conservano tracce evidenti del loro passato. Basta saperle riconoscere, come
insegnava il Bognetti, illustre storico del Seprio e della nostra zona.
4) – Il Castaleto, da cui prende nome la frazione di Castelletto, si trovava probabilmente dove ora sorge villa Clerici che sappiamo essere stata edificata sopra precedenti costruzioni.
“Castaleto” per distinguerlo da “Castilione”, come era chiamato il castello di Cuggiono.
5) – Originale esistente in una sala del Comune.
6) – Cfr. G. Visconti, Chiese di Cuggiono e Castelletto, Cuggiono, 2000
7) – La villa dopo essere stata dei Cicogna e dei Bellora è ora di proprietà comunale ed èdestinata a divenire sede del Comune di Cuggiono.